In viaggio con Titta Ruffo: nella terra degli zar.

In viaggio con Titta Ruffo: nella terra degli zar.

Inauguriamo con questo primo articolo la rubrica “In viaggio con Titta Ruffo” che, attraverso la lettura del libro La mia parabola ed il vasto materiale dell’Archivio, si propone di far rivivere gli eventi più salienti ed emotivamente significativi vissuti dal nostro Titta Ruffo durante gli anni della sua carriera artistica. Buona lettura!

Siamo nel 1905, anno di debutto per Titta Ruffo nel paese degli zar dove sarà impegnato per tutta la stagione, e dopo due mesi di rappresentazioni ad Odessa è adesso il turno della capitale San Pietroburgo presso il teatro Nuovo Conservatorio. Il 21 di marzo (il giorno 8 secondo il calendario giuliano ancora in uso nel paese) viene messa in scena l’opera Il trovatore di Giuseppe Verdi nella quale il baritono interpreta il personaggio de Il Conte di Luna. Così ne parla il Sankt-Peterburgskie Vedomosti, il più antico quotidiano russo: «Il valente baritono Titta che ha già spiegato nel Rigoletto tutte le sue eccezionali e rare doti artistiche, sia per lo splendore della voce, sia per la sua arte somma fu nel Trovatore un Conte di Luna straordinario. Anche qui si è dimostrato grande maestro del bel canto, e con diritto si può chiamare artista di primo rango, insuperabile. Ci sorprende ed entusiasma il suo metodo di canto, la sua lunga respirazione, il suo fraseggio chiaro e declamato. […] Fra deliranti applausi dovette bissare la famosa romanza cantata superbamente.» Il nostro Ruffo, per l’esattezza, arrivò in Russia nel dicembre del 1904 e ripartì solamente alla fine di aprile del 1905 per un totale di 18 esibizioni ufficiali e numerosissime repliche tra Odessa e San Pietroburgo. Nell’immagine sotto potete ammirare la locandina dell’esibizione con evidenziato in nero il nome dell’artista in caratteri cirillici.

Tra i tanti materiali d’Archivio che documentano la carriera del nostro Ruffo una sezione sicuramente peculiare è quella delle caricature: questi documenti sono come delle istantanee del mondo in cui si muoveva l’artista e cosa più importante ci permettono di osservarlo, filtrato ovviamente, attraverso l’occhio di coloro che erano i principali destinatari delle performance messe in scena, ossia il pubblico. La scena rappresenta il baritono Mattia Battistini (uno dei cantanti italiani più importanti e famosi a quel tempo) sulla sinistra trascinato verso il Piccolo Teatro mentre a destra Titta Ruffo è portato in trionfo verso il teatro Nuovo Conservatorio con al centro in basso la scritta che, parafrasata, riporta «È meglio essere l’avversario di uno bravo». Lungi da noi voler esprimere un giudizio o tantomeno sminuire l’importanza ed il valore del Battistini, un contesto interpretativo lo fornisce proprio Titta Ruffo quando parla del suo ritorno in Russia per la stagione lirica del 1906: «L’ultima opera che cantai prima di lasciare Pietroburgo fu la Linda di Chamonix. Quella sera si diede in concorrenza la stessa opera al teatro italiano con Mattia Battistini, che già da tempo era là uno degli idoli più discussi. Il giorno dopo un critico d’uno dei maggiori giornali, con poco riguardo al mio compagno d’arte, scrisse che dall’epoca di Antonio Cotogni non s’era mai più sentito una voce di baritono bella come la mia, unica degna d’essergli comparata.»

Come tutti gli artisti per potersi esibire e così calcare le scene negli innumerevoli teatri presenti per il mondo bisognava prima di tutto avere un contratto che, in quegli anni, era prassi venisse stipulato da agenzie o imprese che si occupavano di fare da mediatori con le direzioni dei singoli teatri. Il nostro Ruffo ovviamente non era esente da tale prassi ed una delle figure più eminenti e di spicco tra gli agenti teatrali, nel panorama russo, con cui entrò in contatto fu indubbiamente Alessio Cereteli, italianizzazione questa del nome traslitterato dal cirillico di Aleksej Tsereteli. Principe georgiano ed impresario teatrale russo attivo prima a Charkiv e poi a San Pietroburgo, fu un’importante figura che contribuì alla diffusione dell’opera e dei cantanti europei nel paese degli zar. In questo contratto viene stipulato l’ingaggio di Titta Ruffo per un totale di sei rappresentazioni presso il teatro Nuovo Conservatorio di San Pietroburgo ed un compenso totale di 15.000 lire. Le recite si svolsero nel dicembre del 1905, ossia durante i moti di quella che fu la prima rivoluzione russa, e questa nota di eccezionalità ed intrepida avventura è ben descritta nel volume: «[…] quand’eccolo da me con un giornale milanese, dove era stampato in prima pagina a lettere cubitali “La rivoluzione in Russia – lo stato d’assedio a Pietroburgo e a Mosca”. La notizia mi fece perdere ogni speranza di vedere realizzato il mio sogno moscovita, e tuttavia ero sempre renitente a legarmi con altri contratti. […] Non più di due giorni dopo, infatti, ricevei da Pietroburgo un telegramma del principe Cereteli […] E di lì a una settimana partivo per Pietroburgo. Giunto, dopo due giorni e mezzo, alla frontiera russa, il capostazione non voleva assolutamente lasciarmi proseguire […] Mi sentii perduto; ma, insistendo, facendo il mio nome, mostrando il contratto e la somma ricevuta in anticipo, si decisero a farmi salire sul treno […] Il viaggio fu interminabile. […] La gran città, coperta di neve, con ventotto gradi sotto zero, faceva un’impressione paurosa. […] M’armai di santa pazienza; presi le mie due pesanti valigie, e affondando i piedi nella neve che mi penetrava nelle calosce, pervenni trafelato al teatro Conservatorio. […]»

Concludiamo questo nostro primo viaggio con una bellissima foto in cui troviamo Titta Ruffo nei panni del Demone, dall’opera omonima di Rubinstein. Il destinatario della dedica ci è ignoto ma la data, in basso a destra, “San Pietroburgo 3-2-906” ci dice chiaramente che siamo prima dell’inizio del secondo tour dell’artista nel paese degli zar. L’opera, ed il personaggio, erano già stati portati in scena con grande successo durante il suo primo soggiorno nel 1905 come è ben testimoniato ne La Mia Parabola: «Mi fu grande aiuto il maestro Ciarcov, musicista e pianista insigne. Volle esso perfino insegnarmi – e, secondato dal mio fervore, con la sua amorevolezza e pazienza vi riuscì – la grande aria del terz’atto in lingua russa, sicché più tardi potei cantarla in pubblico con una corretta pronuncia. […] In quest’ultima parte acquistai una tal padronanza che finii col renderla senz’ombra di sforzo agevolmente, naturalmente, come se il Demone fossi io proprio in persona.»
Curiosità: un occhio attento noterà subito un fondale di scena non consono all’opera in questione, questo poiché il costume originariamente fu realizzato per il ruolo di Satana nell’opera Il Santo portato in scena a Venezia al teatro La Fenice nel 1903.