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Dall’immensa e varia discografia di Titta Ruffo una prima selezione dei brani che più rappresentano ed incarnano il grande artista di fama internazionale.

Le registrazioni sono state riprese, partendo dai dischi originali, dall’edizione completa delle incisioni del baritono elaborata da Richard Bebb nel 1987 e pubblicata dalla Rubini Records ad eccezione del brano del Chatterton preso dal cd Titta Ruffo, allegato della rivista “Grandi voci alla Scala” del 1993.

Don Giovanni

 

Titta Ruffo affrontò l’ambiguo e affascinante ruolo del grande amatore spagnolo in due sole occasioni: al Colon di Buenos Aires nel 1908 e a Philadelphia sei anni più tardi. Tuttavia ripercorrendo la carriera concertistica del grande baritono pisano risultano spesso presenti le pagine più celebri del Don Giovanni. Nella seconda metá del secolo scorso nasce la necessità di creare una profonda revisione dello stile mozartiano e rossiniano. Cosi, se per certi versi, il pubblico ha potuto apprezzare l’accuratezza di certe esecuzioni “pulite” da orpelli di una tradizione lontana dalla scrittura e dal suo tempo, ha portato la critica odierna a minimizzare, se non osteggiare le interpretazioni più libere di artisti come il Ruffo. È innegabile come in queste registrazioni non sia presente lo stile filologico che giungerà molti anni più tardi, ma ci permettono di leggere come il gusto dell’epoca in cui Ruffo era attivo, tendesse a esaltare, oltre l’indubbia veemenza vocale, la passione per i grandi personaggi come Don Giovanni e le sue infinite potenzialità interpretative. Seguono i tre brani dell’opera.

 

La ci darem la mano

Incisione del 1908

 

Finc’han del vino

Incisione del 1914

 

Deh vieni alla finestra

Incisione del 1912

 

I due granatieri

Incisione del 1915

 

Una romanza molto amata dal Ruffo che evoca per gli appassionati un fatto noto e ben narrato dallo stesso ne La mia parabola, quando all’annuncio della fine della seconda guerra mondiale intonó la Marsigliese sporgendosi da una finestra della sua casa di Firenze. Il pezzo scritto da Schumann originariamente su un testo tedesco, narra la storia di due militari napoleonici di rientro dalla campagna di Russia, che vengono a conoscenza della prigionia del loro imperatore. La musica di Schumann nella stretta finale chiude parafrasando appunto la Marsigliese che nella voce di Ruffo non è un omaggio alla Francia bensì messaggio di libertà per l’umanità intera.

 

Aman lassù (Cristoforo Colombo, Franchetti)

Incisione del 1914

 

Il Cristoforo Colombo di Alberto Franchetti visse anni fortunatissimi e fu il cavallo di battaglia di una generazione straordinaria di baritoni. Ruffo naturalmente ne diede una interpretazione personalissima e così potente da impressionare lo stesso compositore e diventare archetipo irraggiungibile di validissimi vocalisti a lui contemporanei. In Aman lassù Cristoforo Colombo canta i suoi dubbi. Un momento intimo e potente di un sognatore che fa i conti non solo col proprio destino ma soprattutto coi propri fallimenti. Ruffo usa i suoi mille colori per trasmettere i tormenti del personaggio con toni elegiaci, sussurrati.

 

E canta il grillo

Incisione del 1929

 

Vincenzo Billi, ravennate per nascita, fu un compositore molto attivo nel repertorio operettistico e liederistico italiano. Formatosi nel conservatorio di Pesaro trascorse gran parte della vita a Firenze dove approfondì l’amore per il vernacolo e lo spirito toscano. Nel 1911 Billi pubblicò per l’editore Ricordi “e canta il grillo” dedicandola proprio a Titta Ruffo. Il baritono pisano incarnava più di chiunque altro lo spirito toscano dell’epoca e dunque il suo approccio al testo così come la sua cavata risultarono ideali. Durante più di 25 anni di carriera Ruffo registró diverse edizioni per pianoforte solo e anche per orchestra de E canta il griIllo. Qui si è preferito pubblicare non la più valida vocalmente ma l’edizione ultima registrata su piattaforma elettrica per goderne appieno il timbro intatto e l’articolazione di Titta Ruffo. Scritta da Billi con fedelissimo stile toscano (portando sempre l’accento sull’ultima vocale) per replicare i canti popolari, E canta il grillo si colloca nella sua peculiarità compositiva allo stile dei giganti del verismo toscano come Puccini e Mascagni: basti pensare al pastorello nella Tosca o alla canzone di Lola nella Cavalleria Rusticana.
Dopo le registrazioni celeberrime del Ruffo, E canta il Grillo è entrata prepotentemente nel repertorio cameristico e concertistico dei baritoni italiani. Memorabili le registrazioni di Ettore Bastianini e Piero Cappuccilli che come molti altri non hanno resistito ad un confronto col Principe.

 

Chatterton – Tu sola a me rimani

Incisione del 1905

 

Sarebbe lecito considerare Titta Ruffo l’erede di Mattia Battistini? La critica vociologica potrebbe considerare una tale affermazione pura blasfemia: Vocalità agli antipodi, opposti nella linea musicale, Battistini approcciava ai ruoli col gusto liberty mentre il baritono pisano sconvolgeva le platee con una immedesimazione totale. Tutto corretto, eppure entrambi furono allievi del Persichini ed entrambi, a loro modo, innovatori tanto da diventare gli interpreti ideali di Massenet e Leoncavallo. Nel 1902 a San Pietroburgo andò in scena una versione di Werther che Massenet trasportò appositamente per il baritono reatino. Un unicum nel mondo operistico testimoniato da una magnifica registrazione in studio del 1909. Nel 1904 Titta Ruffo, su invito di Ruggiero Leoncavallo, registrava per la casa discografica Pathè, l’aria Tu sola a me rimani o poesia dall’opera Chatterton. La romanza per tenore appositamente trasportata dal compositore campano per Titta Ruffo è ridotta ad una versione per solo pianoforte e voce. Non sapremo mai se, nelle intenzioni di Leoncavallo, ci fosse una versione completa per baritono per una messa in scena ma, a mio giudizio, è lampante quanto l’esperienza di Battistini col Werther abbia influenzato Leoncavallo e la sua Chatterton.
I parallelismi si moltiplicano se solo considerassimo le indubbie correlazioni tra il giovane malinconico nato dalla fantasia di Goethe e la triste vita del poeta Thomas Chatterton: eroi romantici morti suicidi.
In questa registrazione, rispettando un rituale della casa musicale Pathè, Titta Ruffo annuncia il titolo del brano e il proprio nome di interprete. Molte case musicali hanno pubblicato questo brano omettendo la presentazione parlata. Gli eredi del baritono pisano hanno voluto offrire la versione completa.

 

Amleto – O vin discaccia la tristezza

Incisione del 1920

 

Titta Ruffo debutta nell’Amleto di A. Thomas a Lisbona nel 1907 e il ruolo diventerà la sua creazione più grande. Sebbene il baritono pisano amasse di più altre parti dell’opera francese (Come un romito fior…), il Brindisi con la sua cadenza di due sol acuti a perdifiato sarà la sua aria più celebre.

[V. Vitelli, baritono]

 

Dinorah – Sei vendicata assai

Incisione del 1914

 

L’opera di Meyerbeer oggi è caduta nel dimenticatoio, ma all’epoca di Titta Ruffo era nel repertorio di tutti i maggiori teatri del mondo. L’aria in questione ha accompagnato l’intera carriera di Titta Ruffo prima come aria per le audizioni e poi nei concerti. Estesa e ricca di accenti drammatici, «Sei vendicata assai…» aderiva perfettamente alle qualità vocali ed espressive del baritono pisano.

[V. Vitelli, baritono]

 

La Gioconda – Enzo Grimaldo [con Gigli]

Incisione del 1926

 

Nella dicitura originale questa registrazione reca lo scritto «non pubblicato». Cosa avesse spinto gli interpreti a prendere una decisione simile, con ogni probabilità, non lo sapremo mai ma per fortuna, molti anni più tardi, cambiarono idea e oggi possiamo goderci questo incontro straordinario. Il duetto della Gioconda fu registrato nel 1926 quando il giovane Gigli era giunto al Metropolitan di NY per raccogliere la pesantissima eredità del grande Caruso, prematuramente scomparso. Naturalmente qui non tocchiamo le vette del mitico duetto dell’Otello tra Titta Ruffo e Caruso, ma, in un certo senso, è una testimonianza tangibile di quanto fossero alte le speranze dei newyorkesi per il giovane tenore di Recanati.

[V. Vitelli, baritono]

 

I Pagliacci – Si può… Un nido di memorie 

Incisione del 1912

 

Considerato da molti critici il manifesto operistico del verismo, rimane fino ad oggi il traguardo di ogni baritono. Oltre ad un magnifico cantabile la tradizione (più volte minacciata dalla corrente filologica) vuole che il baritono canti un La bemolle acuto e un Sol in chiusura. Dunque una romanza estremamente impegnativa sotto l’aspetto puramente vocale ma il testo (opera anch’essa di Leoncavallo) è impregnato di quei contenuti che ne fanno appunto un manifesto verista. Il gioco tra vero e falso, tra commedia e realtà è questo l’ingrediente de I Pagliacci. Straordinarie voci hanno apposto un sigillo tra queste pagine musicali ma nessuno di costoro ha potuto resistere all’ascolto dell’interpretazione principe: quella di Titta Ruffo. Al di là della già nota preferenza dello stesso compositore per il baritono pisano, Ruffo ha mostrato per il ruolo di Tonio una particolare cura che va ben oltre l’aspetto propriamente vocale. La sua personalissima interpretazione, ma forse è più corretto parlare di immedesimazione, presa da un reietto incontrato durante una vacanza a Montecatini, dimostra la perfetta connessione tra autore e interprete, perseguendo entrambi il VERO.

[V. Vitelli, baritono]

 

L’Africana – All’erta marinar

Incisione del 1915

 

Questa è una invettiva senza accompagnamento d’orchestra, un unicum discografico che permise a Titta Ruffo di sfoggiare tutta la potenza dei suoi accenti e di emettere nel finale un sontuoso La bemolle. L’Africaine è un’opera che entrò prepotentemente in repertorio nei primi decenni del secolo scorso (basti pensare all’aria «O paradiso» cantata da Beniamino Gigli) e il baritono pisano caratterizzò il ruolo dello schiavo Nelusko in modo così unico da diventare un riferimento per i suoi contemporanei e per le generazioni future.

[V. Vitelli, baritono]

 

Otello – Credo in un Dio crudel

Incisione del 1914

 

Titta Ruffo registrò quest’aria solo due volte nei trent’anni di carriera ma il ruolo di Jago lo portò in scena di frequente. Tra i suoi partner più celebri ricordiamo il tenore Zenatello, fondatore del festival estivo dell’Arena di Verona.

[V. Vitelli, baritono]

 

Otello – Si pel cel marmoreo giuro [con Caruso]

Incisione del 1914

 

Questo duetto fu registrato a NY l’8 gennaio del 1914. Si narra che non fu necessaria alcuna ripetizione. Potremmo chiamarlo «Scontro tra Titani». Alla sua pubblicazione divenne subito popolarissimo e il trascorrere del tempo ne ha soltanto accresciuto il mito. Registrato nel massimo fulgore vocale di entrambi gli artisti, il duetto dell’Otello rappresenta ancora oggi l’empireo della storia vocologica. Caruso preparava da anni il ruolo di Otello e il Metropolitan di NY aveva programmato il debutto del tenore napoletano nel ruolo del moro proprio con Ruffo. La malattia e la conseguente prematura scomparsa di Caruso non permisero mai che questo evento accadesse.

[V. Vitelli, baritono]

 

Rigoletto – Pari siam

Incisione del 1908

 

Il monologo del primo atto di Rigoletto, rispetto all’invettiva del secondo atto «Cortigiani, vil razza dannati» ci mostra, oltre la baldanza puramente vocale, l’istinto attoriale di Ruffo. La capacità di colorire e scolpire ogni parola senza mai uscire dalla linea vocale verdiana. Verdi, durante la composizione del Rigoletto, lavorava al Re Lear e difatti il «Pari Siamo» è un monologo a struttura più recitata che cantata. Tra queste pagine l’amore viscerale di Ruffo per Shakespeare trova la perfetta commistione col medesimo sentimento di Verdi per il bardo di Avon.

[V. Vitelli, baritono]

 

Visione veneziana

Incisione del 1912

 

Aria da camera composta da Brogi che Titta Ruffo ha registrato in diverse stagioni della sua carriera con orchestra o anche solo al pianoforte come con l’ultima, magica registrazione elettrica del 1933 a carriera praticamente conclusa e in una forma vocale ancora ragguardevole. Nel corso del novecento dopo Ruffo, Visione Veneziana è entrata nel repertorio concertistico di tanti straordinari artisti lirici italiani da Di Stefano a Cappuccilli fino Siepi ma resta fondamentalmente legata alla voce del baritono pisano.

[V. Vitelli, baritono]

 

Zazà – Zazà piccola zingara

Incisione del 1912

 

Opera di Ruggero Leoncavallo, ebbe la sua prima esecuzione al teatro Lirico di Milano diretta da Arturo Toscanini il 10 novembre del 1900. Ruffo non fu il primo Cascart della storia e non fu mai diretto da Toscanini ma si cucì addosso il ruolo di Cascart già dopo il suo debutto, tanto da diventare, lungo la sua trentennale carriera, il baritono prediletto del compositore calabrese che gli dedicò la sua ultima opera: Edipo Re. Zazà è un’opera a metà tra verismo e la dilagante moda parigina del cafè-chantant. La romanza “Zazà piccola zingara” permette a Ruffo di unire il prodigio del registro acuto con la bellezza del grande legato di tradizione puramente ottocentesca.

[V. Vitelli, baritono]